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Channel: di isotopi radioattivi, cimeli e qualche amenità » di annìversari e unìversi
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ròba di altalena del respiro.

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“Durante l’appello mi esercitavo immobile a dimenticare me stesso e a non separare l’inspirazione dall’ espirazione. E a volgere verso l’alto gli occhi senza sollevare la testa. E a cercare nel cielo l’angolo di una nuvola a cui poter appendere le ossa. Quando avevo dimenticato me stesso e trovavo l’uncino celeste, lui mi reggeva. Spesso non c’erano nuvole ma solo un azzurro uniforme, come una distesa d’acqua. Spesso c’era solo una coltre chiusa di nuvole, un grigio uniforme. Spesso le nuvole correvano e nessun uncino si fermava. Spesso la pioggia bruciava negli occhi e mi incollava i vestiti alla pelle. Spesso il gelo mi rosicchiava le viscere. In quei giorni il cielo mi rigirava i bulbi degli occhi verso l’alto, e l’appello li ritrascinava giù – le ossa pendevano senza un sostegno, soltanto in me”.

 

“Di notte, da sessant’anni, cerco di ricordarmi gli oggetti del Lager. Sono il contenuto della mia valigia notturna. Dal mio ritorno a casa la notte insonne è una valigia di pelle nera. E questa valigia è nella mia fronte. Quello che da sessant’anni non so è soltanto se non riesco a dormire perché cerco di ricordarmi gli oggetti, o se invece è il contrario. Se mi azzuffo con loro perché comunque non riesco a dormire. In un modo o nell’altro, la notte fa la sua nera valigia contro la mia volontà, devo sottolinearlo. Devo ricordare, contro la mia volontà. E anche se non lo devo ma voglio, preferirei non doverlo volere”.

 

“So nel frattempo che sui miei tesori c’è scritto LA’ RESTO. Che il Lager mi ha lasciato tornare a casa per stabilire la distanza di cui ha bisogno per ingrandirsi nella mente. Dal mio ritorno, sui miei tesori non c’è più scritto QUI IO SONO, ma neppure LA’ ERO. Sui miei tesori c’è scritto: DI LA’ NON VENGO VIA. Sempre più il Lager si estende dal lobo temporale sinistro a quello destro. Perciò devo parlare del mio intero teschio come di un territorio, del territorio di un Lager. Impossibile proteggersi, né con il silenzio né con il racconto. Si esagera nell’uno come nell’altro, ma un LA’ ERO non c’è in nessuno dei due. E non c’è neppure una giusta misura”.

 

L’altalena del respiro Herta Muller.



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